Abuso
digitale
Oggi i bambini e i ragazzi utilizzano internet, gli smartphone, i computer e i vari device come principale strumento di apprendimento, comunicazione, intrattenimento e socializzazione.
Spesso i genitori hanno chiaramente meno competenze dei propri figli nell’utilizzo di queste tecnologie, pertanto sperimentano un vissuto di inadeguatezza e di estraneità.
Parliamo di abuso digitale in riferimento a due problematiche: l’uso eccessivo e l’esposizione a contenuti e situazioni pericolose.
Ogni tipo di intervento da parte degli adulti su questi aspetti deve essere ben meditato:
- una bambina si dispera ogni volta che i genitori provano a toglierle il tablet, con cui gioca quattro ore al giorno,
- un ragazzo passa i pomeriggi a giocare online e, quando perde, rompe il controller o gli oggetti a lui vicino,
- un adolescente resta sveglio tutta la notte a guardare serie tv e video sul tablet e spesso, il giorno dopo, dorme in classe o non va a scuola,
- una preadolescente utilizza i social per pubblicare sue foto all’insaputa dei genitori e viene contattata da adulti che non conosce,
- un adolescente trascorre dieci ore al giorno sullo smartphone, isolandosi dal resto della famiglia.
Come possiamo controllare quello che fanno i ragazzi in rete, senza violare il loro bisogno di privacy? Come imporre regole nell’utilizzo della tecnologia, senza entrare in conflitto o attivare comportamenti aggressivi o violenti?
“Marco trascorreva tutta la sera e parte della notte davanti ai videogiochi, la mattina faceva fatica ad alzarsi e a scuola andava con difficoltà oppure non ci andava. Eravamo molto preoccupati, ma non sapevamo come intervenire. Mio marito ha provato anche a staccargli internet, ma la sua reazione ci ha spaventato: quando cercavamo di fermarlo, Marco iniziava ad urlare ed una volta mi ha anche spintonato, ci siamo resi conto di aver perso anche noi il controllo e il conflitto è diventato sempre più forte e violento. Avevamo ormai perso il nostro ruolo di genitori, non riuscivamo più a porre dei limiti e, esasperati dalla situazione, abbiamo provato a chiedere aiuto. Il percorso con gli psicologi è servito a riequilibrarci e a darci una guida su come intervenire con Marco, senza perdere l’autocontrollo, rischiando di trasformare tutto in una lotta. In queste settimane, siamo riusciti a ridurre l’uso dei videogiochi nelle ore serali e Marco ha ripreso ad andare a scuola con più serenità.”
“Nostra figlia di 11 anni, Giulia, ha sempre usato il tablet per giocare, leggere e disegnare. Sicuramente nell’ultimo periodo non siamo stati presenti con lei quando lo utilizzava, anche perché ci rendevamo conto che non eravamo molto in grado di capire cosa facesse: non siamo appassionati di tecnologia e social come lo sono Giulia e le sue amiche. Quando abbiamo scoperto, casualmente, che Giulia chattava con alcune persone adulte siamo rimasti sconvolti. Abbiamo avuto paura che avesse inviato sue foto o comunicato dove abitasse, ci siamo arrabbiati molto e questo ha aumentato la distanza che si stava creando con lei. Abbiamo subito chiesto aiuto agli psicologi per capire come gestire questa situazione (anche perché non volevamo toglierle il tablet, che usa anche per la scuola) e riacquistare la sua fiducia. Abbiamo capito che dovevamo assolutamente conoscere meglio cosa facesse e quali fossero le sue abitudini nel mondo virtuale, come del resto facciamo anche nella sua quotidianità. Siamo piano piano riusciti ad essere più presenti, mantenendo il giusto equilibrio tra il suo desiderio di privacy ed il nostro bisogno di controllo. Giulia adesso usa in maniera più responsabile il tablet e adesso ci sentiamo più sicuri su come intervenire.”
“Ormai durante tutti i pasti, ma anche di notte, Samuel usava il suo smartphone. Con noi parlava sempre di meno, pensavamo fosse una fase “adolescenziale”, ma quando mia moglie una volta gli ha tolto il cellulare durante un pranzo della domenica, la sua reazione ci ha fatto preoccupare: ha iniziato ad urlare e ha buttato un piatto a terra. Ci siamo spaventati molto e abbiamo evitato d’intervenire in altre occasioni, soprattutto quando c’erano parenti o amici, ci vergognavamo delle sue reazioni e temevamo il giudizio degli altri. La situazione è diventata via via insostenibile, passava fino a 12 ore al giorno davanti allo smartphone e se provavamo a parlargliene Samuel non ci degnava nemmeno di una risposta e ci rideva in faccia. Abbiamo avuto la necessità di chiedere aiuto agli psicologi del Centro. Durante il percorso abbiamo capito come riacquistare il nostro ruolo con Samuel, come essere più presenti nonostante il suo tentativo continuo di squalificarci. Abbiamo capito anche come intervenire, in sicurezza, evitando che la situazione degenerasse in momenti di violenza. Samuel incredibilmente ha iniziato a diminuire l’uso dello smartphone, cosa che ci sembrava impossibile. Adesso Samuel usa meglio il cellulare ed il clima familiare è più sereno, mia moglie ed io non siamo più preoccupati come prima e sappiamo cosa fare quando percepiamo il rischio di una sua “ricaduta” nell’utilizzo eccessivo dello smartphone.”
I principi clinici dell’NVR
I principi clinici dell’NVR si basano sulla pratica socio-politica della Resistenza Non Violenta, che persegue il raggiungimento di obiettivi attraverso metodi non violenti. NVR attinge agli approcci utilizzati da questa dottrina per sviluppare interventi mirati a contenere i comportamenti devianti, di distacco dalla realtà, violenti o autodistruttivi messi in atto da bambini, adolescenti e giovani adulti.